Già recensito praticamente ovunque. Per chi non lo sapesse è il secondo volume delle "Storie" Bonelli. Già il primo volume "Il boia di Parigi" di Paola Barbato e di un ritrovato Giampiero Casertano era stato un bel colpo. L'impressione è che questi 'liberi' bonelliani siano davvero un toccasana per gli autori... Sul "Boia" Casertano ha realizzato delle tavole splendide (come non se ne vedevano da un po' sui suoi Dylan Dog) ritrovando tutti i suoi neri, le sue ombre e le sue derive grottesche, e la Barbato ha raccontato una storia interessante e ricca di spunti (anche se, critica a margine, forse un po' vittima del 'taglio bonelliano standard', quella sindrome sottile che rende difficile bilanciare bene le parti della storia su un numero di pagine atipico rispetto allo standard*).
E poi c'è questo "La redenzione del Samurai" di Roberto Recchioni e Andrea Accardi. Della sceneggiatura di Roberto non è il caso di parlare. Bella, solida e bilanciata, proprio come capita quando sai fare il tuo mestiere e lo puoi fare lavorando su qualcosa che ti appartiene, che ami e che rispetti. Ma questo l'anno detto già in diversi, quindi, riga. Volevo invece soffermarmi sul lavoro di Andrea. Che è persona gentile, posata. Che a Lucca scorsa ci ha mostrato alcuni degli originali di questo volume (e questo giusto per dare una vaga idea di cosa significhi per un disegnatore, in termini di mesi di vita, un albo di questo tipo) così, con naturalezza, come dire "Sì, beh, io sto facendo questo al momento..."
Beh. All'epoca ricordo che rimasi stupito dalla perizia tecnica di Andrea (vi giuro che gli originali sembrano treddì senza occhialetti!) ma che feci un po' fatica a ritrovare l'Accardi più sintetico di "Progenie d'inferno" (che avevo amato assai). Tordo che sono.
Mi trovo l'albo tra le mani dopo un anno ed eccolo lì: riconoscibilissimo, sintetico, intriso fino al midollo della cultura visiva dell'epoca. Un lavoro gigantesco, dettagliato, dinamico. Epico.
Unica pecca: sta in edicola solo un mese. Quindi, quantevveriddio, CORRETE!
* giusto per non sparare a casaccio: credo che "Il boia di Parigi" patisca di una compressione nella parte finale che in qualche modo disinnesca la dimensione dell'affresco storico. Altre 50 pagine ci sarebbero state tutte, secondo me.
2 commenti:
Grazie, Stefano.
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