Di ritorno (2).

Sulla spiaggia e in treno ho avuto abbastanza tempo per leggere.

Mi sono concesso un altro volume di Mankell ("La Leonessa Bianca").

Inciso: mi rimangono solo 4 volumi di Wallander da leggere, e questo mi rende un po' triste (ma sto meditando di rimpiazzarli con la serie Sjöwall e Wahlöö, Sellerio).


Cerco di tenermi i libri di Mankell per i periodi di ferie perchè sono rilassanti, avvincenti e non ossessivamente tempestati di colpi di scena. Come forse ho già scritto in passato, Mankell spende pagine su pagine per farci ascoltare i pensieri dei suoi personaggi, i loro discorsi, le loro ipotesi, conferendo alla narrazione un ritmo progressivo e piacevole. "La leonessa bianca" non fa eccezione: racconta una vicenda di respiro internazionale (con degli approfondimenti sul tema, particolarmente caro all'autore, del Sud Africa) e al tempo stesso segna un passaggio importante nella vicenda personale e privata del protagonista. Momento topico (da "I delitti della terza luna" di Harris in poi, direi): l'assassino si accanisce contro la famiglia del protagonista.

"Il Leopardo" di Jo Nesbø (secondo libro della mia estate cilentana) parte da lì. Harry Hole, detective talentuoso e maledetto (ma và?), è a Singapore immerso tra alcol e droghe (ma và?) per dimenticare le vicende del romanzo precedente (pubblicato però da Piemme) dove l'efferato serial killer Uomo di Neve ha minacciato la sua famiglia. Torna inevitabilmente in azione su un nuovo caso (ma và?). Rispetto a Mankell, Nesbø è sicuramente più pop (e più legato al modello originale de "Il silenzio degli innocenti"), non lesina i colpi di scena e le costruzioni complesse (ai limiti della credibilità) e dribla in modo un po' scoperto le insidie del vero procedural (che invece Mankell inserisce in modo brillante e coerente). "Il Leopardo" merita sicuramente la lettura, è un buon giallo con qualche invenzione e qualche colpo di scena decisamente riusciti. Immagino piacerà molto a chi ha apprezzato "Tre secondi" di Roslund & Hellström. Se invece siete degli estimatori di Anne Holt e del noir nordeuropeo meno hollywoodiano allora è sicuramente preferibile il libro di Mankell. Che poi a me, per qualche motivo, ha ricordato "Il quarto protocollo" di Forsyth, un libro che ho amato moltissimo.

Sulla scia dell'entusiasmo (questi erano comunque due bei libroni e sono volati via pagina dopo pagina in pochi giorni) mi sono buttato su "Educazione Siberiana" di Lilin. Interessantissimo ma narrativamente faticoso, un diario con il ritmo di un saggio... Ero a pagina 80 quando sono arrivato allo Joggi Avant Folk Festival. Ho visto il programma e ne ho approfittato per comprare "Arrovescio" di Francesca Chirico (Rubettino). L'ho letto al volo in vista della presentazione del giorno dopo (ma il giorno dopo sono rimasto 'ammare' quindi me la sono persa): delicatissimo, ironico e scandito da un linguaggio evocativo il libro della Chirico merita sicuramente. Caso ha voluto che dopo qualche giorno mi sia trovato a Badolato, dove il romanzo è ambientato, davanti a una tabaccheria che ospitava una piccola mostra di fotografie d'epoca, tra le quali alcune immagini dello "sciopero arrovescio" degli anni '50. Una storia bella, importante nella sua semplicità e splendidamente raccontata.

"Educazione siberiana" è lì sul comodino. Adesso lo finisco. Forse.

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