Lasciami uscire.

A me "Lasciamo entrare" era piaciuto davvero tanto. Come a molti altri, in effetti. Speravo che John Ajvide Lindqvist diventasse un appuntamento fisso eccetera eccetera. Così sono entrato in questo "Il porto degli spiriti" armato delle migliori intenzioni. Peccato.
Molto peggio di un brutto romanzo: un romanzo che vorrebbe tanto essere bello e quasi ci riesce. Ma in quel quasi c'è abbastanza per seppellire tutte le quattrocento e passa pagine di questo romanzo. Vuoi scrivere una storia corale, rendere protagonista un intero paese? Ti capisco. Ma...
Ma non ti chiami Stephen King. Vuoi soffermarti in tante storie dentro la storia che buttano uno sguardo sul passato quando le cose brutte che stanno succedendo nel presente si sono timidamente manifestate? Ok.
Ti ho già ricordato che non ti chiami Stephen King, vero?
Vuoi metterci un po' di magia? Va bene. Però con garbo, porca miseria: il mare diabolico sconfitto da uno spiritus? Un po' come dare in mano una pistola laser a Johnatan Arker prima di quel famoso viaggio in Transilvania, no? C'è troppo "vorrei essere lo Stephen King del nord europa" in questo romanzo per poterne dire bene. C'è dentro "IT", "A volte ritornano", "Cose preziose"... il tutto mescolato con poca grazia. Peccato. Davvero un peccato.

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